Abbiamo chiesto a padre Andrew Rusatsi, gesuita, attualmente a Juba, capitale del Sud Sudan, un contributo per IPE sulle minacce alla pace: accettando di scriverlo, ci ha risposto con una testimonianza diretta, intensa, in cui constata come queste minacce derivano anche dalle terribili difficoltà che milioni di persone affrontano per poter mangiare ogni giorno, dalla paura che attanaglia un popolo (e impedisce di camminare da solo). Una paura per noi incomprensibile: andare in chiesa “con paura, timidezza e prudenza”? Gente che partecipa alla messa nel centro e poi resta per la notte, “per sicurezza”? è lontano dalla nostra sensibilità… Una paura che è blocco alle aspettative, alle speranze. Una paura che è un tutt’uno con la povertà, che impedisce alle famiglie anche di fare festa, una povertà che nasce all’interno del Paese, dall’instabilità e dalla lotta per il potere, che non risparmia nessuno e distrugge le poche risorse e le possibilità di vita delle persone, in una capitale in cui “cani vagano imperturbati”.
Quindi? quale ruolo possiamo giocare di fronte a problemi che ci sovrastano? “La pace è l’unica e vera linea dell’umano progresso” diceva Paolo VI 50 anni fa. “Che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali” ci ha invitato papa Francesco quest’anno. Non cambieremo la situazione a Juba, ma cominciare dai rapporti e dalle relazioni vicine, educarci a considerare tutto il mondo la nostra casa, questo può convertirci e aiutarci a diventare strumenti di riconciliazione e di speranza. Beati noi, costruttori di pace!
Carissimi …
Pace e bene sempre! Grazie mille per gli Auguri per Natale e l’Anno Nuovo, che ricambio di cuore. Spero che lì tutto stia andando bene. Qui stiamo sopra i 40 gradi, carissimi. Mai vissuti in vita mia. Aumenteranno andando più avanti fino ad aprile, quando arriverà la stagione delle piogge forti. Nel frattempo aspettiamo, con le incognite del caldo e della pace.
Qui il Natale non è stato come gli altri conosciuti prima. Tutte le cerimonie della vigilia sono state proibite dalle chiese per sicurezza. Si spara in molte parti del paese. Ieri la gente è andata in chiesa con paura, timidezza e prudenza. Festeggiare non si può a causa della situazione d’instabilità e conflitti inter-tribali e etnici. La gente è così povera da non potere fare festa propria. Noi tutti abbiamo paura per ladri armati che terrorizzano dappertutto. Il nostro Centro è vuoto. Dei cani vagano dappertutto imperturbati in cerca di cibo. Sabato sera abbiamo fatto la messa per i nostri impiegati e vicini. Dopo la messa abbiamo dato loro da mangiare e tutti sono rimasti per la notte, per motivi di sicurezza.
Noi tre sacerdoti (un filippino, il superiore sudanese e io) celebriamo fuori ogni domenica. Il sudanese va in una parrocchia per la messa in arabo/inglese, il filippino aiuta per la messa in inglese in città. Io celebro la messa per “soldati per la pace” delle Nazioni Unite. Le Forze dell’ONU per la pace in tutto il Sud Sudan sono 13000. Da gennaio ne arriveranno altri 4000. Qui a Juba, capitale del Sud Sudan, sono loro a proteggere la città, l’aeroporto e altri Istituti Internazionali e Nazionali. Devono anche proteggere la gente. Fanno un bel lavoro. Altrimenti tutta la capitale sarebbe nelle mani dei ribelli e quindi il caos sarebbe assoluto. L’ONU ha truppe nelle città importanti del paese. In queste truppe, che provengono da tutto il mondo, la maggioranza sono Cristiani e Cattolici e sono senza cappellani. Hanno bisogno di un servizio pastorale. Finché sto qui, faccio 36 Km per celebrare la Santa Messa. Lo faccio volentieri. Per loro la messa è regalo incredibile. Adesso aspettiamo il Nuovo Anno. Domenica prossima ci stiamo già.
Di salute sto bene. Mi manca lo sport. Potrei fare delle camminate ma per sicurezza ho paura a farle da solo. È una vita monastica sobria, senza mura; quando il caldo lo permette, pensare e pregare è d’aiuto.
Andrew Rusatsi, S.J.