Il 22 maggio il Msac ha deciso di dedicare un incontro sulla tematica dell’Expo. Un mese dopo l’Expo è ancora a Milano e continua a ospitare migliaia di persone! Allora vogliamo cogliere l’occasione per riflettere insieme sulle dinamiche mondiali legate al cibo: che merito abbiamo noi per trovarci ogni giorno a casa tavole grasse e ricche? Che colpa hanno altri, invece, per avere le dispense vuote? Le cose stanno così, ok, ma debbono per forza rimanerci, così?
It’s time to expo
Lo scorso 22 maggio, come Movimento studenti di Azione Cattolica, abbiamo cercato di ricreare l’atmosfera multiculturale che da più di un mese inonda le strade milanesi nella nostra città con un incontro dal titolo “It’s time to Expo”. L’impegno che ci siamo dati è stato innanzitutto ragionare su questo evento mondiale in modo diverso, senza ripetere le notizie già conosciute ma soffermandoci al cuore del tema: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. “Nutrire il pianeta”, la terra nella sua totalità, è un obiettivo molto alto e purtroppo anche arduo da raggiungere. Tutti sappiamo quali sono i paesi in cui il diritto al cibo non è garantito e quali sono i rischi che corrono le persone che ci vivono, legati alla salute e alla malnutrizione. Forse però, non ci siamo mai davvero resi conto del fatto che la nostra condizione favorevole non sia per niente scontata. Senza aver fatto qualcosa per meritarlo nel mondo c’è chi si affaccia alla vita sapendo di avere tutte le possibilità di condurre un’esistenza dignitosa e normale, e chi invece è condannato fin da subito a una vita di stenti e pericoli dovuti completamente al luogo in cui è nato. Nel nostro piccolo abbiamo provato a sperimentare queste diverse condizioni distribuendoci casualmente in cinque postazioni che rappresentavano i continenti (Asia, Africa, America del Nord e del Sud ed Europa) e sedendo per la cena. Ognuno nel suo continente ha constatatola scarsezza o l’eccesso di cibo, la ricchezza o la povertà, la mancanza di acqua o l’abbondanza di coca cola del paese in cui si trovava. Chi sedeva in Africa e America del Sud si lamentava per la mancanza di acqua mentre davanti, a pochi passi ma in un diverso continente, aveva tavole imbandite con hamburger e pizze. Questa è l’ingiustizia profonda che abbiamo voluto sottolineare, e alla fine con un gesto simbolico abbiamo ribadito ciò che si spera tutti al mondo desiderino per gli altri: abbiamo rimesso tutte le pietanze dei vari paesi in un tavolo comune da cui tutti potevano mangiare. Il primo passo da fare è pensare che questa situazione non sia un’utopia. È stato calcolato che la quantità di cibo disponibile sarebbe più che sufficiente per tutti, ma è mal distribuita. Al di là di tutte le ragioni politiche ed economiche per cui questo non succede, non dobbiamo pensare che nulla cambierà mai, anche perché sono in corso tante iniziative, promosse ad esempio dall’equo solidale, per dare voce ai paesi che fino ad ora sono stati muti, commercialmente parlando, e nel nostro piccolo possiamo fare molto per sostenerle.