Atti 11,19-26 e Giovanni 10,22-30
Desiderio di essere una pecora
Gesù insiste su questa condizione: “essere sue pecore”. L’appartenenza del gregge e delle pecore al pastore descrive non solo un titolo di possesso ma una condizione di esistenza: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola”. Appartenere a Gesù significa dare alla parola “cristiano” uno spessore: cioè una concretezza che si esprime nella persona che trasforma la voce del Pastore in una esperienza di realtà. Non è tanto una questione di coerenza, quanto di desiderio. Quello di rendere giorno per giorno la vita il luogo della fede: desiderare la misericordia; desiderare la gioia del Vangelo; desiderare amare; desiderare ascoltare la Parola; desiderare donarsi; desiderare … È a partire dal desiderio che si diventa pecore del suo gregge, questo ancor prima delle scelte di coerenza.