ESAME DI COSCIENZA A PARTIRE DAL CUSTODIRE:
Papa Francesco (omelia inizio del Ministero petrino, 19 marzo 2013):
Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio; ed è quello che Dio chiede a Davide, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura: Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno; ed è Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito.
E Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui, cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!
La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. E’ il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!
E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna.
Da questo brano che funge da esame di coscienza raccogliamo 3 domande:
- Come vivo la mia vocazione nella Chiesa? Disponibile al progetto di Dio? Fedele alla sua Parola?
- Custodisco Cristo e mi lascio custodire da Lui? Custodisco l’opera della creazione?
- Custodisco me stesso, i miei fratelli, le mie relazioni; custodisco nella tenerezza?
Si comprende che il custodire, non è un atto di conservazione, ma è un atteggiamento responsabile e di cura.
La confessione, la riconciliazione allora è il segno evidente di questo prendermi cura … e lasciare che Dio si prenda cura di me!
La confessione mette quindi la mia umanità davanti a Dio, a Cristo Figlio di Dio e, nello Spirito, anche la carne diventa spazio di mistero, Dio passa attraverso il segno della carne, della creatura. Che bello!
E’ bello poter pensare questo evento che sempre si rinnova nella vita dell’uomo!
Sembrerebbe proprio che in questa umanità condivisa, Dio tocca il limite reale del mio peccato, e proprio nel toccare il limite del peccato, lo redime, cioè se ne prende cura nel senso che lo fa suo per sostituirlo con la sua santità, la sua grazia il suo perdono, in un atto di autorevole bontà e vera tenerezza di Padre.
Il peccato infatti è un vuoto, non è qualcosa, è una mancanza, è un aver consumato parte della mia umanità, averla impoverita … e allora … ho bisogno, ho estremo bisogno, per vivere, per essere uomo/donna, per esistere realmente, ho bisogno che Dio mi custodisca e si prenda cura di me … e riempia di grazia il mio vuoto procurato.
Ma Dio questo prendersi cura lo realizza in un modo sorprendente!
Mi coinvolge nel prendersi cura di me, mi coinvolge e mi invita a prendermi cura di me e di ciò che mi affida.
Confessarsi allora è l’atto più importante di chi si arrende, consegna alla cura di Dio, e se è vero che – lo dice Ada Merini – “Se tutto un infinito ha potuto raccogliersi in un corpo, come da un corpo di sprigionare non si può l’immenso?”
Allora la mia carne la mia umanità nell’essere custodita può ben sprigionare l’amore misericordioso di un Padre e la vita del Risorto!