Terzo giorno di viaggio e primo nei territori palestinesi. Proprio mentre scrivo stiamo attraversando un check-point: alzo lo sguardo dal pc, osservo il mitra spiegato fra le mani del militare che ferma e controlla la macchina davanti a noi. Nel pullman si fa il silenzio. Anche io smetto di digitare. Avanziamo di qualche metro e affianchiamo i militari: lo scambio di battute con l’autista in arabo non promette niente di buono: alzo timidamente le sopracciglia per sporgere lo sguardo al di là del finestrino socchiuso del nostro autista…che sta ridendo! Sì, siamo italiani: questo ha divertito le guardie che ci lasciano andare in pochi secondi.
Niente è quel che sembra! Questo è il topos letterario di ogni racconto ambientato in questi territori.
Dunque arriviamo alla base del Monte Tabor e iniziamo un’amena passeggiata in salita che a ogni passo diventa meno amena. Ad ogni modo, chi più chi meno, un po’ sudacchiati, arriviamo in cima (a oltre 500 m s.l.m.) in un tempo dignitoso e penetriamo a piccoli gruppetti fra le mura dei mori. La basilica è infatti ancora cinta dalle antiche protezioni erette dai conquistatori musulmani del sito attorno all’anno mille. Naturalmente ora è un sito di culto cristiano dove si ricorda la trasfigurazione di Cristo. L’atmosfera del posto aiuta senz’altro a evocare un po’ di misticismo che si fa fatica a conquistare in queste terre sante a causa del turismo di massa: del resto abbiamo visto turisti a L’Aquila per vedere i resti del terremoto, quindi siamo abituati alla barbarie culturale di molti biechi viaggiatori.
Per rimanere in tema, il pranzo a Gerico è in una enclave per turisti: vendono datteri a 10 euro al chilogrammi…considerando che ci sono migliaia di ettari di palme nei paraggi, è una evidente esagerazione, ma noi riusciamo a goderci un ottimo pasto e del resto lo facciamo anche per permettere al nostro autista di ricevere un obolo dal ristoratore. Gli italiani sono risaputamente dei lamentoni, quindi questa è un ottima occasione per andare un po più a fondo in questa realtà di turismo legato ai luoghi di culto. Ad esempio: di Gerico non vediamo nulla, ma con la sosta in questa sosta di autogrill arabo pensiamo e speriamo che i nostri soldi siano andati ad aiutare famiglie palestinesi che lavorano qui e che di certo non navigano nell’oro come gli ebrei di Israele.
Dopo questa breve riflessione arriva un momento del viaggio molto atteso: il bagno nel mar morto.
Com’è fare il bagno in mare il 30 dicembre!?! fantastico… soprattutto se quando scendi in acqua ed arrivi con l’acqua alla vita inizi a sentire una pressione dal basso verso l’alto. La densità dell’acqua super salata e la depressione (siamo a meno 400 metri sotto il livello del mare!) fanno sì che il nostro corpo galleggi senza difficoltà nel mare. Mi immergo sotto lo sguardo attonito di chi non aveva ancora avuto il coraggio di farlo e mostro come posso stare a galla sollevando dal pelo del mare sia piedi che braccia. Testa rigorosamente fuori dall’acqua per evitare bruciori agli occhi.
Ultimo trattamento di bellezza dopo lo scrub coi sali del mare e la nuotata in questo fluido oleoso, sono i fanghi. Mi spalmo come un maiale che si rotola nella melma e attendo al sole che si secchi un po. Poi mi getto sotto la doccia e la mia pelle diventa liscia come quella del culetto di un bebé.
L’esperienza è contagiosa e poco dopo la spiaggia è piena di persone…ma noi non contenti della goduria, ci concediamo una birra al tramonto in un baretto sulla spiaggia che sembra quasi di essere ai Caraibi.
I giovani pellegrini…e anche un po’ bagnanti!