UN ANNO DOPO …
QUANDO A MUOVERSI E’ UN POPOLO
(da IPE novembre 2010)
E’ circa l’anno 30. Io e gli altri, da fedeli discepoli, stiamo seguendo il Cristo per le sue strade. Siamo spossati ed è tutto il giorno che camminiamo, questo Messia ce la fa sudare la salvezza! Finalmente Gesù si ferma, si siede, sembra dire qualcosa e noi aspettiamo ansiosi una parola, una guarigione, un miracolo. Ma ecco che arrivano loro, quattro o cinque bambini sporchi e sudati, che cominciano rumorosamente a scorrazzare, a ridere e ad azzuffarsi tra loro. Cosa possiamo provare se non disturbo e fastidio? «Ci sono tanti posti dove potete stare, e voi venire a fare chiasso proprio qui dove stiamo parlando con un Messia? Sono cose da grandi queste!» sgridiamo noi. E invece no. Gesù si alza e ci rimprovera duramente: «Lasciate che i bambini vengano a me!». Noi, un po’ feriti nell’orgoglio, ci affanniamo a capire cosa significa tutto ciò, cerchiamo una risposta a questa inaspettata reazione e la risposta è una sola: sono cose da piccoli, queste.
Passano poco meno di duemila anni e i giochi sembrano ripetersi. Solo che qui non si parla di quattro o cinque bambini, ma di centomila, tra ragazzi e giovanissimi. Quanto fastidio può dare un popolo di giovani che si muove, un’orda che invade le strade e le piazze di Roma, che blocca autobus e treni? Molto, moltissimo. Tanto più che questi scalmanati non stanno di certo zitti, ma cantano, chiacchierano, parlano al cellulare. Persino il pregare riescono a renderla un’attività caotica.
La sensazione è questa: il popolo grida perché ha fame. Ha fame di Dio, ha fame di un nuovo modo di vivere, ha fame di un amore vero e impegnativo per cui spendersi, ha fame di adulti che smettano di infastidirsi e che inizino a festeggiare, il più rumorosamente possibile. Perché se si sono mossi da tutte le parti di Italia riunendosi e portando a Roma la loro incredibile potenza significa che c’è qualcosa per cui festeggiare che non sempre i fedeli discepoli riescono a cogliere. Significa che c’è di più. E non stupiamoci se questa moltitudine protesta contro un mondo che spesso è troppo parco di amore e lo centellina goccia a goccia, come se lui (l’Amore) fosse qualcosa che non vale la pena di sprecare.
Centomila giovani si sono ritrovati alla presenza del Papa portando preghiera e rumore, cuori e cellulari, gioia e fastidio per le strade. Ed è stato bellissimo.
C’è di più! diventiamo grandi insieme… diamo luce a questo mondo!
(da IPE novembre 2010)
Parlare del 30 ottobre non è facile; questo famoso “C’è di Più. Diventiamo grandi insieme” non è stata semplicemente una data sul calendario, non è stata una delle tante esperienza vissute, non è stata solo una festa e nemmeno solo un incontro. E’ stato uno splendido abbraccio: l’abbraccio dell’AC alla Chiesa e viceversa, l’abbraccio degli Acrini e dei Gvss al Papa e viceversa, l’abbraccio di educatori, genitori e sacerdoti ai più piccoli e viceversa. Abbiamo iniziato questo cammino diversi mesi fa: dalla prima volta che abbiamo visto insieme il video “promozionale”, passando per le feste diocesane, per i campi estivi, fino alle tante telefonate e “puntate” a casa dei nostri ragazzi per parlare coi genitori e “supplicarli” di mandare i loro figli a questo appuntamento. Alla fine siamo partiti in 700, splendida testimonianza di un’AC viva e presente nel nostro territorio, e questa vitalità l’abbiamo trovata moltiplicata per le strade e le piazze di Roma. Eravamo pronti ad accogliere a piene mani le parole e le emozioni che questa giornata ci avrebbe donato e non siamo rimasti delusi: a San Pietro abbiamo manifestato al Papa tutto il nostro amore e attaccamento, ma abbiamo ricevuto sicuramente di più; lo abbiamo sentito (più o meno perché purtroppo ci trovavamo in fondo alla piazza) parlare con semplicità, spontaneità, tenerezza, famigliarità. Agli Acrini ha raccontato che sono già grandi nel momento in cui amano Gesù e il loro amore diventa insegnamento per tutti. Ai Gvss ha spiegato che donarsi agli altri è il metodo più efficace per trovare noi stessi ed essere protagonisti della nostra vita. Agli educatori ha rimarcato l’importanza dell’essere modelli credibili, che comunicano la gioia del cuore dandone ragione. Avremmo voluto parlare ancora molto col Santo Padre, ma il 30 ottobre aveva altre emozioni da regalarci; così ci siamo lentamente spostati dalla piazza verso via della Conciliazione, dove in un momento comune per la nostra diocesi, abbiamo salutato il nostro vescovo Tommaso che non ci ha voluto far mancare la sua vicinanza (per questo lo ringraziamo). Addentrandoci poi nella città abbiamo respirato, toccato, vissuto ancor più da vicino la bellezza della nostra associazione: nei canti, nei colori, nei volti. Tutta questa “carica” è letteralmente esplosa nelle feste del pomeriggio: a Piazza del Popolo i Gvss hanno incontrato persone che nella loro vita cercano di tendere verso quel di più dando il meglio nelle loro professioni, nei loro ambiti di vita; a Villa Borghese gli Acrini hanno gridato la propria voglia di essere presenti in questo mondo, di essere ascoltati, di essere messi al centro; lo hanno fatto cantando, ballando, giocando: un’atmosfera da vero concerto rock! A questo punto, detto con quali aspettative siamo partiti e come abbiamo vissuto la giornata, bisognerebbe concludere dicendo “cosa ci siamo portati a casa”. Una festa, un incontro, un abbraccio come quello del 30 ottobre sono talmente ricchi di stimoli che non si può fare un riassunto… diciamo che sicuramente tutti ci siamo davvero resi conto che “C’è di Più”!… ora proviamo a diventare grandi insieme!