Tra le tante, bellissime testimonianze che in questi giorni abbiamo letto su Francesco Spadoni, una riportata dal Corriere di Imola diceva: “grazie… questa è stata la tua forza, il tuo esempio: lasciare qualcosa a ogni atleta che incontri in palestra, non solo tecnica o agonismo, ma vita”.
Bella una frase che inizia con “grazie” e che termina con “vita”. Francesco è stato protagonista in tanti ambiti, certamente! A citarli si rischia di dimenticarne qualcuno, segno di una vivacità ed energia indiscutibili. Sì, era ovviamente “lo Spadoni” della Cooperativa Clai (di cui era uno dei soci fondatori), della pallavolo, delle pesche (le avete mai assaggiate? le pesche più buone del mercato di Imola erano le sue, e ne era orgoglioso…) Ma “grazie” e “vita” sono come la trama e l’ordito di una stoffa, ciò che resta nascosto dai disegni.
Francesco è stato un uomo grato, lieto e orgoglioso del suo essere laico di Ac: ha dato infatti nella sua vita una testimonianza di laicità impegnata, intelligente, attenta al mondo e ai fratelli, amante della Chiesa nella sua comunità di S. Prospero, anticipatore anche dell’attenzione alla cura del creato che oggi ha assunto quel rilievo pubblico importante che merita.
Francesco era uomo di Ac e in tutto ciò che era, ha sempre messo il Signore al primo posto. Molto di ciò che è stato, Francesco lo ha imparato fin da giovane prima nella GIAC, in cui fu educatore apprezzato e dove seppe costruire amicizie che sono durate tutta la vita, e nel Movimento Rurali di AC. Fin dal II dopoguerra l’Azione Cattolica investì molte e generose energie nella formazione spirituale e laicale dei lavoratori rurali: nell’aprile 1951 il I convegno diocesano del Movimento Rurali della Gioventù Cattolica fu proprio a S. Prospero. In questo ambiente, Francesco divenne nel 1960 delegato del Movimento Rurali e come tale partecipò a primavera al Congresso mondiale della Gioventù Rurale cattolica a Lourdes. Dalla concretezza del lavoro rurale nelle campagne di S. Prospero all’attenzione e sensibilità per le grandi domande nel mondo, un’attenzione che oggi possiamo a ragione definire globale o integrale. Questa attenzione lo portava a discernere con acutezza le cause dei problemi, con grande concretezza e lungimiranza. Francesco si formava, si interrogava, ha continuato a informarsi e formarsi anche da anziano. Per lui può valere la massima ebraica “lo stolto dice quel che sa, il sapiente sa quel che dice”, era un sapiente della vita, che parlava con i fatti.
Sapiente nel lavoro: quel lavoro nei campi in cui la fatica diventava lezione di vita, in cui, con grande anticipo sui tempi, l’attenzione al rapporto tra produttore e consumatore era una questione di fiducia, un lavoro in cui la cura del creato e il corretto rapporto con i lavoratori erano le basi su cui investire ogni energia e risorsa. Un’amica, parlando di come Francesco lavorava, ha detto “ha fatto fruttare la frutta”… sempre con l’attenzione di costruire relazioni anche dal lavoro, perché le relazioni, le amicizie sono un tesoro che ti è affidato e che metti a frutto…
Sapiente nel dialogo: amava parlare con tutti, di cose alte, faceva domande grandi, anche scomode, le cui risposte richiedevano la pazienza del confronto. Per questo amava anche l’impegno politico, che altro non è che servizio d’amore alla cosa pubblica.
Servizio è un’altra parola importante che Francesco ci ha testimoniato, unito alla gratuità… il figlio Cristiano ha scritto che tra i modi in cui Francesco ha vissuto la sua paternità c’era questo: “Alzarsi di notte perché a centinaia di chilometri c’è chi ha perso tutto, è sotto le macerie. E allora parti senza fare i conti, se non quelli del gasolio che alimenta il viaggio. Perché? Perché sì.”
Una vita bella e buona, quella di Francesco Spadoni: anche l’Ac gli dice grazie, in semplicità.
La Presidenza diocesana